L’attitudine a progettare
La conclusione di un percorso di studi, la voglia di confrontare quanto imparato con problemi concreti e di essere valutati di conseguenza. La gioia di veder riconosciute le proprie idee da realtà imprenditoriali e da professionisti del settore, la soddisfazione di capire anche come continuare a migliorarsi.
Ma anche lo sguardo tra i compagni di un gruppo di lavoro, l’imbarazzo di illustrare le proprie idee (tante) e le proprie ragioni ad un pubblico non più composto da insegnanti o compagni di corso.
Workshop IUSVE 2017: un acceleratore di suggestioni creative e di adrenalina; in pochi attimi, in pochi giorni.
L’ho vissuto così, da giurato, da spettatore curioso di farsi stupire da sprazzi di creatività (e ce ne sono stati) e in attesa degli inevitabili sguardi increduli dei “ragazzi”.
Aziende coinvolte di grande spessore, brief impegnativi (“da grandi”) da agenzie che lavorano sul mercato da anni.
Però, tanta voglia di stupire e sono sicuro con il retro pensiero: “Beh, con il brief che ci avete dato, cosa volevate di più? Siamo già al miracolo”.
O forse no.
Quindi tutti bravi? Non proprio. Qualche decisione sofferta nella Giuria c’è stata e, a volte, anche qualche insoddisfazione tutt’altro che celata.
Ma, complessivamente, ho percepito tanta voglia di fare, tante potenzialità, che nel tempo si faranno competenze: quelle che ti mettono con le spalle al muro, che spiegano al cliente perché non sempre ha ragione ed al proprio “capo” perché: “forse è proprio lui quello che non ha capito il brief".
Quello che vorrei che IUSVE portasse in dono ai propri studenti è proprio questo: la voglia di mettersi in gioco, la curiosità, non dare nulla per scontato. Sembrerebbero frasi fatte, i soliti auguri di commiato alla conclusione di un ciclo di studi ma, una volta entrati in un tessuto produttivo si viene valutati proprio per quello: per il dinamismo, la pervicacia di salire controcorrente.
In una parola: attitudine, e ne ho vista tanta.
Spero di vederne ancora.